Nell'anno seguente all'armistizio si sviluppò, sulla base di dati di fatto, la nefasta percezione secondo cui la guerra vinta sul campo fu in realtà perduta con i trattati di pace e misconosciuta da quelli che, formalmente, avrebbero dovuto essere i nostri alleati e che, invece, perseguirono i propri esclusivi interessi. Queste circostanze ed i gravi, fisiologici dissesti economici del dopoguerra, fomentarono la ferale, misera caduta delle aspettative (o sovra-aspettative) di positivo rinnovamento alimentate dalle classi dirigenti nel corso della guerra difensiva e, per contro, ammantarono di prestigio il contegno del Partito socialista italiano che, unico fra i partiti socialisti delle nazioni belligeranti, era sempre stato con coerenza del tutto avverso alla guerra. Fu una miscela esplosiva perché il senso d'inutilità delle sofferenze patite fu totale. Ne conseguì una guerra civile: ad una fallita rivoluzione di sinistra (1919-20), fece seguito una riuscita contro-rivoluzione di destra (1921-22), culminata nell'instaurazione della dittatura fascista (1922-25). La memoria della guerra, pertanto, si può dividere in due periodi fino al secondo conflitto mondiale. Nel primo, dall'autunno del 1918 all'autunno del 1925, si nota una molteplicità di memorie - anche affatto discordi fra loro - delle singole fazioni politico-sociali che avevano vissuto il conflitto. Nel secondo, dall'inverno 1926 all'estate 1940, vi è l'imposizione d'una "memoria unica", da parte del regime fascista per legittimare storicamente se stesso al potere. Ossia, la guerra, combattuta sempre e solo in modo eroico dai soldati d'Italia, altro non era se non la prolusione vittoriosa e mitica all'affermazione altrettanto epica del fascismo, unico e solo erede degno della vittoria italiana, la quale non era altro che il viatico all'opera del fascismo medesimo, che avrebbe dovuto portare benessere, grandezza politico-economica e militare all'Italia.
Nei trattati di pace a Versailles i vincitori, in modo ipocrita e unilaterale, imposero ai vinti l’esclusiva responsabilità politica, morale e storica della guerra. L’Italia, per quanto umiliata dai medesimi trattati e angustiata dalla cattiva coscienza della discesa in campo a sangue freddo, non [...]
Si è detto (sez. 1, doc. 5) che la motivazione ideologica del conflitto fu quella dell’ultima guerra del Risorgimento. Prima del monopolio fascista della memoria, quest’interpretazione ebbe ancora largo corso. Fu il caso del monumento-ossario al Passo del Tonale voluto dai bresciani ed eretto con [...]
Per la "quarta guerra d’indipendenza" si ripresentò un fenomeno del post-Risorgimento, originato dalla Rivoluzione francese, ossia le lapidi-monumenti ai morti in guerra. Le differenze furono due rispetto al passato. La prima fu nell’entità dei manufatti: dal 1848 al 1870 erano morti [...]
Si è detto (sez. 1 doc. 8) che la ricerca di un senso da dare al lutto era apparsa già durante la guerra. La si era vinta, sì, ma a che prezzo? In sostanza, dopo il conflitto, il meccanismo psicologico di rassegnazione nei familiari fu il medesimo del durante, e non fece molta distinzione [...]
Il fenomeno della scrittura di guerra si palesò già durante il conflitto, e fu trasversale ai combattenti di tutte le condizioni sociali. Dopo di esso si pubblicarono a centinaia i diari-memorie perché l’evento era stato sì grande da mobilitare un numero altissimo di persone, ma anche [...]
Dalla fine del 1925-principio del 1926 il regime dittatoriale fu sancito per legge. Da questo momento in poi non erano previste alternative politiche o culturali; quelle esistenti furono soppresse o messe in sordina. Questa foto ne è il simbolo: il 3 novembre 1926 squadre d’azione fasciste invasero [...]
Il fascismo elesse nel mito della guerra vittoriosa la propria legittimazione storica. Quindi esso si doveva occupare dei morti (e della loro memoria) e dei sopravvissuti. Tra la fine degli anni Venti e gli anni Trenta eresse pertanto, nel più vasto processo di rinnovamento architettonico del Paese, [...]
Il mondo dei reduci ancora oggi deve essere approfonditamente indagato dalla storiografia. È noto, tuttavia, che dopo il conflitto essi non fecero fronte unico, ma si dispersero secondo le convinzioni politiche, nuove o antiche che fossero, e si costituirono essi stessi in un partito. In seguito [...]
Ogni regime politico, pressoché in ogni tempo, ha fra le proprie priorità plasmare le mentalità dei giovani, futuri cittadini, sui valori fondanti lo Stato medesimo. Era stato un obiettivo dell’Italia liberale, fu un obiettivo dell’Italia fascista e lo sarebbe stato dell’Italia democratica [...]
Un aspetto ambiguo della guerra italiana, che però condizionò oltremodo l’elaborazione della sua memoria, fu quello legato alle sue mire espansionistiche. Imperialismo che fu frustrato dai trattati di pace, come ironizzava sardonicamente in questa vignetta Scalarini, il quale sottolineava impietoso [...]