Tante sofferenze, tutti quei lutti, sì innumeri da dar vertigine, avevano un senso? Fin dal principio della guerra serpeggiarono questi quesiti inquietanti. Le famiglie borghesi, dato il loro ruolo storico-ideologico nell'Unità d'Italia, erano facilitate nella ricerca di un senso, benché atroce. Le classi popolari, per quanto avverse al conflitto, nel breve periodo potevano anche imprecare ad esso, ai "signori" ma nel lungo periodo il peso psicologico della paura del non-senso, per molti, forse sarebbe stato insopportabile. Sicché si verificò un fenomeno sociale definibile come "patriottica rassegnazione", ossia l'appiattimento - che non significa accettazione - sui valori delle classi "dominanti" per dare alfine una ragione a tanto patire. Interessanti indizi di ciò sono le pietre sepolcrali e le pie memorie funebri, come questa. Essa ricorda Giuseppe Tirelli da Verolanuova, contadino ventiquattrenne, fante del 112° regg. ferito a morte in azione sul Monte Sei Busi il 25 luglio 1915, e spentosi nell'ospedale militare succursale di Parma l'otto agosto seguente.