I numerosi tentativi di riforma del teatro a Brescia, formulati a ridosso e all’indo- mani dell’ingresso della città nell’orbita della Repubblica cisalpina, sono stati unaniemente presentati dalla storiografia come il sintomo più eloquente della vivacità del movimento patriottico bresciano. Tuttavia, il confronto fra le proposte superstiti ci fornisce un quadro più complesso, che fa piuttosto intuire la frammentarietà del gruppo dirigente bresciano dopo la cacciata dei veneziani. Due diverse correnti paiono fronteggiarsi all’interno del governo, trovando un fecondo terreno di scontro nella riforma teatrale.
Gli sforzi per giungere ad una rigenerazione delle scene si alimentarono tutti della medesima consapevolezza della necessità di una riforma complessiva del Teatro, consapevolezza peraltro diffusa per tutto il Settecento nel mondo intellettuale italiano e cui cercherà di rispondere uniformemente il governo centrale cisalpino con il famoso e travagliato concorso «per la riorganizzazione dei teatri nazionali». Nondimeno, i presupposti che sottendono alle proposte bresciane e gli esiti auspicati dai loro autori si situano in due concezioni dell’esperienza teatrale non sovrapponibili. Tali visioni risultano essere peraltro del tutto personali e ci costringono a spostare il centro della nostra attenzione da un ipotetico movimento coeso, ai diversi individui che ne furono animatori.
Rivelatore dello scontro di cui il teatro fu l’agone è il confronto fra la legislazione del periodo del Governo provvisorio, le proposte dei tempi della Cisalpina e gli esiti effettivi di queste ultime sul cartellone del Teatro nazionale. D’altro canto, utile risulta in tal senso anche il raffronto con la realtà teatrale milanese e i suoi paralleli sviluppi. Si cercherà, infine, di far emergere l’influenza che ebbe l’azione di personaggi venuti da fuori, trovando nel teatro un punto d’osservazione privilegiato per lo studio delle influenze esterne sul movimento bresciano.
Just before and after the entry of the city of Brescia into the political dependence of the Cisalpine Republic, several attempts to reform the theatre of the city took place. These efforts have been unanimously presented by the historiography as the most eloquent symptom of the liveliness of Brescia’s patriotic movement. However, a comparison of the surviving proposals provides us with a more complex picture, one that shows the fragmentation of the Brescian ruling group after the expulsion of the Venetians. Two different currents seem to face each other within the government, finding a fertile battleground in the theatrical reform. The regeneration of the stage represents an urgent need for the Italian intellectual world throughout the 18th century, to which the Cisalpine authorities tried to uniformly respond with the famous and troubled competition «for the reorganisation of the national theatres». Nonetheless, the Brescian proposals and the hoped outcomes lie within two non-overlapping conceptions of the theatrical experience. The consideration of these opposite visions force us to shift the focus of our attention from a hypothetical cohesive movement to the various individuals who animated it. Revealing of the ongoing clash is the comparison between the legislation of the Provisional Government, the proposals of the Cisalpine period and their outcomes. On the other hand, the consideration of the parallel situation of the theatres in Milan is also useful in this regard. Lastly, the theatre will provide a privileged point of observation of the external influences on the Brescian movement.